Uno scatto in avanti in termini di
qualità dei contenuti, una serata fra amici per la profondità delle
riflessioni. La presentazione del libro “Fuori tempo massimo”, firmato
da Auro Bulbarelli ed edito dalla Excelsior, è stata il pretesto per un
dialogo a 360° sul mondo del ciclismo e sulla passione per i “pedali” di
una città fiera di avere alimentato nel tempo una lusinghiera
tradizione. Nell’accogliere i prestigiosi ospiti nell’intima atmosfera
del “salotto buono” di Palazzo Mordini, il Sindaco Mirco Soprani non ha
lesinato ricordi personali e una promessa: «Abbiamo conosciuto l’attuale
vicedirettore di Raisport in occasione della Tirreno-Adriatico,
apprezzandone la grande competenza sportiva ma anche la capacità di
contestualizzare storicamente e culturalmente i luoghi di ogni tappa;
Piergiorgio Severini (presente nelle vesti di conduttore del dibattito
ndr) è un amico di infanzia che sta facendo una bellissima carriera in
Rai, di cui siamo orgogliosi di essere concittadini. Questa serata non
capita a caso – ha proseguito il Sindaco -; per celebrare degnamente il
150° della battaglia che fu propedeutica all’Unità d’Italia, abbiamo
chiesto l’assegnazione di una tappa del prossimo Giro d’Italia: non c’è
ancora l’ufficialità, ma ne siamo praticamente certi, così come ci si
sta adoperando per ripristinare un patrimonio prezioso come la Due
Giorni Marchigiana, travolta dalla crisi negli ultimi due anni».
Saggiamente stimolato da un Piergiorgio Severini particolarmente
emozionato di “giocare in casa”, Auro Bulbarelli ha poi spiegato
l’ispirazione di uno scritto «che parla di emozioni e di travagli
interiori», un volume che con delicatezza utilizza pseudonimi e ad arte
corregge il finale di una vicenda sin troppo “cattiva” per essere vera.
Una virata che giunge per l’appunto “Fuori tempo massimo” perché il
destino dei protagonisti, lo spagnolo Josè Maria Jimenez, il belga Frank
Vandenbroucke e il “pirata” Marco Pantani, si era già tristemente
compiuto: tre campioni inimitabili, tre ragazzi veri e sensibili,
precipitati in un batter d’occhio dalla gloria degli altari sportivi al
fango della cronaca nera. La scalata della lettura inizia dalla data –
5 giugno 1999 – che ha scosso per sempre la carovana rosa: il 52 di
ematocrito rilevato a Madonna di Campiglio a Marco Pantani, la
squalifica, lo scandalo e la tragedia che ne seguì. «Non penso alla
malafede, ma qualcosa di strano quel giorno accadde – confida Bulbarelli
–; quel valore fu riscontrato con un’attrezzatura sperimentale e se solo
l’esame fosse stato ripetuto, oggi saremmo qui a raccontare un’altra
storia. Pantani stava scomodo a molti: doveva essere solo ammonito,
invece fu messo in croce un’atleta che, come gli altri due, non riuscì a
reggere la pressione, passando dal ruolo di eroe a quello di traditore
della patria. E’ la cronaca di dieci anni tristi, in cui il vostro
telecronista ha visto accumularsi veli di polvere ed ipocrisia; è la
descrizione di un rimpianto, perché si è voluta la pulizia totale senza
avere il conforto delle tecnologie odierne e senza difendere un ragazzo
che ha pagato col prezzo più alto colpe superiori alle sue, vivendo gli
ultimi giorni nella solitudine di un uomo non più in fuga sulla bici ma
abbandonato da tutti». E se nuovi Pantani, così come un grande
organizzatore come Torriani, non se ne vedono all’orizzonte, la ricetta
per rilanciare un Giro che sconta una collocazione temporale infelice
rispetto al Tour, è quella di riservarlo alle Nazionali: «un sogno che è
di tutti noi che amiamo questo sport, come il vostro concittadino Fred
Mengoni, che nel libro ho inserito nel finale: servirebbero tanti
personaggi come lui per far tornare il ciclismo ai fasti di un tempo».
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29 agosto
2010 - Lucia Flaùto